
Si parla spesso, nel mio libro “L’Eros segreto di Dante”, della polisemia di Dante. Ma cosa vuol dire questo termine? Dante stesso ci spiega, nel Convivio (Trattato II, capitolo I) che il senso della sua opera (la Commedia, arbitrariamente ribattezzata Divina Commedia, a sua insaputa, duecento anni dopo la sua morte) non è unico, anzi può dirsi polisema, cioè di più sensi. Era tradizione del medioevo interpretare le Sacre Scritture in quattro sensi ovvero interpretazioni. E siccome Dante scrive la sua Opera come “poema sacro” anche a questa va applicato lo stesso criterio.
Ecco che il primo significato è quello letterale, che è quello che non si estende oltre a ciò che descrive; il secondo è quello allegorico, ed è quello che sotto parabole e figure retoriche nasconde significati diversi da quanto esposto; il terzo è quello morale, che indica la corretta condotta da tenere; il quarto è quello anagogico e si riferisce a temi celesti e spirituali.
Beatrice (in Paradiso IV, 40-41) spiega a Dante che ai mortali bisogna parlare con immagini materiali, perché sono le sole che essi comprendono:
“Così parlar conviensi al vostro ingegno (l’ingegno umano),
però che solo da sensato (da percezione sensibile) apprende“.
Un fondamento del pensiero medioevale era appunto rappresentato nel credere in un’intima correlazione fra le realtà sensibili e quelle spirituali:
Paradiso, I, 103-105
… Le cose tutte quante
hanno ordine tra loro; e questo è forma
che l’universo a Dio fa simigliante.
Questo spiega come il registro narrativo di Dante sia sempre rigorosamente ispirato a questi criteri e come sia presente una costante polisemia, nei suoi versi, ovvero ben quattro significati diversi in ogni passo della Commedia. Una lettura limitata al solo senso letterale non permetterebbe di cogliere appieno il significato di quest’Opera.
Per questo Dante è tanto difficile da conoscere fino in fondo. Difatti egli riesce a introdurre contemporaneamente significati diversi in ogni passo della sua opera. Anche in questo risiede la sua grandezza. L’eros che egli insinua addirittura nel Paradiso si basa anche su questa caratteristica e i vari significati finiscono a mescolarsi tra di loro e a confondere anche il lettore.
Per concludere, la polisemia, in Dante, costituisce di fatto una sorta di sistema crittografico impiegato per custodire e trasmettere in codice una serie di nozioni riservate, comprensibili a pochi iniziati e con un valore di rivelazione. Anche per questo molti autori, come Guenon, parlano di un Dante iniziato o esoterico.
Nell’esoterismo il mondo intero costituisce un insieme di rappresentazioni figurative scaturite dalla mente divina. Il mondo possiede così delle analogie e corrispondenze con le leggi fondamentali dell’universo. I numeri sono l’espressione naturale per descrivere le innumerevoli parti che lo compongono.
Anche da questo deriva l’importanza che Dante attribuisce alla numerologia che permea tutta la Commedia. Per Dante l’esoterismo si esprime attraverso il linguaggio simbolico della natura e i numeri sono appunto la chiave che apre le porte di tutti i misteri.
[Articolo scritto da Renato Ariano, autore del libro “L’Eros segreto di Dante“]