
La proposta di una rilettura della cantica del Paradiso con l’individuazione di passi erotici e sensuali, solitamente sottaciuti o censurati, espone certo il proponente allo scandalo e al rigetto. Questa nuova chiave esegetica si fonda sulla segnalazione e reinterpretazione di numerosi passi dal significato ambiguo e licenzioso, soprattutto nella cantica del Paradiso, ed era già stata avanzata, sia pure con sfumature diverse, da diversi autori (Rossetti, Valli, Dell’Acqua, Mirsky).
Come capita inizialmente a molte le idee o teorie innovative e controcorrente, ha ampiamente goduto, sinora, del privilegio dell’invisibilità. Il sottoscritto ha solo ripreso questo spunto tentando di approfondirlo e verificarne l’attendibilità. Sono consapevole che a qualcuno questo argomento potrebbe sembrare sconveniente rispetto alla tradizione accademica e irriverente nei confronti del sommo Poeta. Se poi si pensa che questo approccio riguarda un’opera di tema teologico, a cui fu aggiunto nel ‘500, (anche se arbitrariamente) l’aggettivo Divina, a qualcuno potrebbe suonare scandaloso mescolare il sacro col profano e ricercare espressioni di sessualità proprio in un poema sacro.
Tuttavia, vorrei invitare il lettore a non respingere aprioristicamente questa mia ipotesi, riflettendo che in Dante le sue metafore partono dalla materia per raggiungere lo spirito.